sabato 9 ottobre 2010

da "IL RITORNO CHE NON VOLEVO" - Astrid se n'e andata


Astrid se n’è andata, mi ha lasciato solo in questo grande appartamento. Era novembre quando se n’è andata. Era freddo fuori, c'era la nebbia e nascondeva la valle. Dal balcone non potevo vedere nulla. Pareva un mare di latte da cui solo qualche cima di albero sbucava come fossero dei piccoli isolotti verdi.
L'appartamento era freddo. Non potevo accendere il riscaldamento. Non avevo soldi. Ero davvero con il culo a terra. Il conto in banca era in rosso. Dovevo pagare l'assicurazione e fare la revisione alla macchina. Così non ce l'avrei fatta.
Astrid se n' è andata e ha lasciato tante cose da pagare.
Non ho molta scelta su come andare avanti. I soldi misurano le possibilità di un uomo. Senza quelli le possibilità si restringono.
Mio padre mi ha chiamato ieri sera. Gli faccio pena in questo grande appartamento tutto solo al ghiaccio, con indosso una mantella che mi ha regalato Judith prima di ritornare in California. Anche a lei ho fatto pena e allora mi ha regalato questa mantella.
- Ecco con questa almeno ti riparerai un po' dal freddo - mi ha detto dandomi un bacio sul binario del treno prima di partire per l'aeroporto di Pisa.
Ma anche lei mi ha lasciato. Mi ha amato ma mi ha lasciato. Erano vacanze. Era un amore a tempo. Tutti i miei amori sono a tempo.
Ora sono davvero solo e non so se accettare l' offerta di mio padre. Ritornare a vivere con loro. Con i miei genitori. Certo almeno mangerò. Almeno avrò un tetto sotto cui dormire senza pagare l'affitto. Almeno pagherò i debiti che Astrid si è lasciata dietro come la scia di un battello sulla superficie di un mare apparentemente calmo.
Ho cinquanta anni e sto per diventare uno splendido bamboccione. Un bamboccione di mezza età che vivrà alle spalle dei suoi genitori la cui generosità è pari alla loro età. Ormai sfiorano i novanta.
Me ne vergogno ma non ho scelta.
II

Astrid se n’è andata perché è crollata. La verità è questa. E’ crollata in tutto e definitivamente. Non era più l’angelo biondo che io avevo conosciuto, quando è partita.
Quando mi ha lasciato era gonfia, era ingrassata. Il dottore le ha detto che aveva la sindrome del pesce fuor d’acqua. L’ Italia non era il suo elemento e per sopravvivere si gonfiava, si creava un suo modo di resistere interiormente ad un mondo che le era estraneo, così come fa il pesce fuor d’acqua che si gonfia per trattenere tutti i liquidi affinché possa sopravvivere senz’acqua. Così Astrid tratteneva tutti i suoi liquidi per sopravvivere fuori dal suo mare, lontano dal suo elemento. E’ ritornata in Islanda da dov’era venuta. Ma vi è ritornata non quella che era venuta via. E’ un’altra persona ora e forse nemmeno più si riconoscerà in quel paese dove è nata e cresciuta. E’ quasi un ritorno impossibile il suo.
E’ incredibile quanto la vita possa cambiare e trasformare nel corso degli anni. Il tempo è un fiume in continuo divenire e davvero non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua.
Ho fatto di tutto per aiutarla.
In quei giorni che l’amavo avevo due lavori . Uno era quello all’ufficio di marketing e l’altro cominciava quando finiva il primo, non appena ritornavo a casa. Ero diventato il suo personal-motivator, di fatto. Non facevo che motivare Astrid. La amavo e vederla così infelice mi faceva star male. Non potevo sopportarlo.
Ma alla fine non è valso a nulla. Veramente a niente, mi rendo conto.
E ora devo ricominciare. Certo non è facile dopo anni di convivenza ritrovarsi da solo e dover ripartire. Ti manca la presenza di quella persona con cui convivevi e ogni angolo ogni centimetro dell’appartamento dove hai convissuto non respira che lei, non ricorda che lei. E’ pieno di un fantasma che non abbandona più quel luogo. Lo infesta, lo impregna del suo freddo, del freddo della sua assenza.
Ecco, quello che si è lasciata dietro è un grande gelo. Il gelo di un inverno che è appena cominciato e mai finirà. Il gelo di un amore che è stato spezzato e un giorno si trasformerà in odio incolmabile che non conoscerà pace.
Un giorno dimenticherò le cose belle che abbiamo vissuto insieme. E il ricordo della sua scontentezza, della sua perenne insoddisfazione sarà l’unica cosa che rimarrà di otto anni vissuti insieme.
Yukio Mishima diceva che “la salute delle donne è fatta di molte malattie”. E’ infatti impossibile capire fino a che punto siano autentici o pretesi i drammi di una donna.
Ciò che la muove fondamentalmente è un humus di perenne insoddisfazione, di mancanza di stabilità. Prima vuole il marito, poi vuole i figli. Poi vuole la libertà. Ed infine c’è il rimpianto di aver distrutto anche quello che di bello aveva costruito ma non aveva saputo cogliere nel momento stesso che l’aveva raggiunto.
III
Quando si è giovani ci si fa ingannare da questa sete che la donna si porta dentro. Una sete inestinguibile fatta di slanci e di depressioni, di paure che si camuffano in ischemie uterine che ti travolgono e alla fine ti fanno suo succube.
Solo con gli anni e l’esperienza impari che non devi prenderli sul serio questi cambi di umore, questo riproporsi ciclico di insicurezze che sembrano invece più forti delle tue sicurezze.
La donna nega per affermare. Afferma per negare. Odia quando ama e ama quando odia. E’ il suo gioco. Gioca a spiazzarti, perché vede che tu arranchi e ti affatichi a seguirla. E lei ama farti soffrire e farti cadere nella sua rete di continui cambiamenti di stati di umore.
Ma ora lo so e non ti inseguirò più, Astrid. Non verrò in capo al mondo, fino a Reykjavík, per implorarti. Adesso mi preoccuperò di me. Non voglio cadere nel baratro dei debiti, nel buio della disperazione. Cercherò la luce per risorgere. Da ora in poi sarò egoista per imparare a dire “no”. E imparerò a vivere per me.
Cercherò solo l’ amor proprio.
La mia infelicità era quella di una persona che non sapeva dire di no. Ma ora ho incominciato un punto di non ritorno. Di non ritorno al bravo ragazzo che ero. Di non ritorno alla generosità, alla pietà per le tue malinconie, per le tue lune, per le tue autocommiserazioni.
All’età di cinquant’anni so che posso ricominciare. La vita ancora non mi scivola fra le mani. Ancor posso trattenerla e farla mia. Ancora sono padrone del mio corpo. Ancora ho fascino da vendere. Ancora posso incantare donne più giovani di te, ne sono sicuro. Tu cercavi in ogni modo di farmi sentire vecchio, insicuro. E io cretino ti venivo dietro. Cadevo nel tuo gioco.
Judith ne è stata la dimostrazione. Judith era dieci anni più giovane di te. Eppure mi ha trovato interessante. Mi ha amato. Mi ha baciato mi ha accarezzato ha fremuto alle mie carezze ha goduto ad essere penetrata in tutte le sue estremità. Ha amato la mia intelligenza soprattutto.
Judith mi ha fatto capire che posso ricominciare. Che posso farcela e che non fallirò.
Abbandonerò finalmente questo appartamento che è divenuto la tomba fredda di una morte che impende sopra la mia testa e che non posso allontanare se non fuggendo da questo antro dove solo le ombre abitano, dove perfino la luce ha paura ad entrare.
Mi fa male lo stomaco, ho la nausea. Ho paura, anche. Ho paura della solitudine. Ho paura delle certezze che non ho più. Ho paura di non farcela. Ho paura che un giorno ti odierò e non ti amerò più, Astrid.

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