domenica 18 marzo 2012

L'ottusità della classe medica


Dopo quella politica c'è un'altra classe ottusa (e probabilmente antimoderna come quella politica): quella medica.
Se si ha la disgrazia di finire nelle loro mani mani a causa di una malattia, inizia un giro senza fine (e di spese senza fine).
La prima caratteristica dei medici è di non ascoltare. Tu descrivi i sintomi e loro nemmeno ti ascoltano. Tu li vivi quei sintomi giorno per giorno, fenomenologicamente li esperisci e li provi sulla tua pelle ma per loro non contano.
La malattia va curata e non invece il paziente affetto da quella malattia.
Nel corpo nulla accade per caso e quando un fenomeno avviene il dottore dovrebbe tenerne conto invece di ostinarsi a curare una malattia astratta descritta da testi scientifici. Quel fenomeno potrebbe essere il primo indizio per risalire su su fino alla causa scatenante.
Si cura secondo schemi e non secondo sintomi (che appaiono sempre ad effetto domino).

I medici di famiglia sono i peggiori. Sono divenuti semplici distributori di medicine e facilitatori del giro pazzesco di denaro che sta dietro il business della sanità. Non azzardano, non provano nemmeno a curare: prescrivono analisi e medicine, medicine ed analisi.
Andare da un medico di famiglia è come portare una Ferrari da un modesto meccanico che lavora su modeste utilitarie. Rischi di fartela rovinare e per sempre.
Gli specialisti sono forse ancora più disumani, settari e ottusi di quelli di famiglia. Si concentrano sulla loro malattia e trascurano tutto il resto. L'unica cosa che non trascurano è di prenderti delle cifre assurde che ti impoveriscono e ti rovinano.

L'ablazione ad esempio (oltreché ad essere una lotteria) è un tentativo di risolvere drasticamente un fenomeno che forse talora potrebbe essere affrontato in altra maniera. Cercare di arrivare alle cause e curarle prima di procedere all'operazione (con agopuntura, omeopatia, yoga nidra...)
In certi casi curando problemi di intestino irritato e agendo sul rilassamento del sistema endocrino in cuori non affetti da particolari patologie ma comunque tachicardici o fibrillanti si potrebbe riuscire ad evitare un'intervento radicale come l'ablazione che può anche portare a complicazioni più serie di quelle per cui ci si era sottoposti all'intervento.

La classe medica (e lo Stato) misconoscono la medicina omeopatica dicendo che non cura le malattie. Forse non è attualmente in grado di curare malattie come il cancro ma non è vero che non curi altre malattie. Io sono la testimonianza della bontà della medicina omeopatica essendomi sempre e solo curato con medicine omeopatiche perché allergico a qualsiasi medicina allopatica.
La medicina omeopatica cura ed arriva in profondità. Risolve i problemi perché arriva alle cause. Ma il segreto del successo anche in questo caso è ASCOLTARE IL PAZIENTE. Solo con un ascolto continuo del paziente il medico può arrivare a curare. Diversamente è destinato a fallire.

C'è un assioma nella medicina allopatica: NON CURATEVI DA SOLI. Tale assioma è una visione cattolica che si ripropone all'infinito nella nostra società: NON RIMETTETE I VOSTRI PECCATI DA SOLI. E perché no? Perché mi è vietato il dialogo diretto con Dio in questo caso e con il mio corpo nell'altro caso?
Il paziente vive il suo corpo e la malattia, e il paziente può essere in grado di indirizzare la cura verso la strada giusta, ma questo da una morale ipocrita e corporativa come quella cattolica (che impregna tutta la nostra società) non è permesso.
Ancora una volta l'unica via libertaria (pur con tutti i suoi inconvenienti e rischi) è internet. La via dell'individualità, la via della modernità.
Io da internet ho imparato molto, non ho completamente risolto i miei problemi ma ho migliorato la mia situazione quando tutti i medici a cui mi ero rivolto (e che mi hanno preso tanti soldi) nemmeno erano riusciti a risolvermi delle crisi improvvise di fame che sono riuscito a curare facendo ricorso alla mia esperienza di navigatore.
Io ho rimesso da solo i miei peccati a Dio.


domenica 4 marzo 2012

CESARE DEVE MORIRE di Paolo & Vittorio Taviani


GENERE: Docu-fiction

Per intensità e sacralità pasoliniano, per i sussurri, i temporali improvvisi in sottofondo e livello onirico è il film dei Taviani.

Un Gomorrah shakespeariano messo magistralmente in scena rifacendosi alle origini del tema centrale del cinema neorealista: la scelta del dialetto come lingua degna del cinema italiano.

I fratelli Taviani hanno davvero cambiato stile. Sono divenuti meno ciarposi e polverosi di vetusta storia ottocentesca per farsi moderni, attuali, glocali e hanno confezionato un prodotto mainstream di alto livello stilistico (ma senza indulgere allo stile di per sé) rimanendo nelle migliori tradizioni del cinema italiano (quello di Pasolini), coniugando perfettamente lo stile al ritmo e a una storia di attesa sofferenza paura odio angoscia e speranza nelle vite degli attori della compagnia di teatro del carcere di Rebibbia che porta in scena il”Giulio Cesare” di Shakespeare.

Un film esistenzialista come non se ne vedeva da tempo.

Certo non è un film per tutti.

Voto: 4 stelle