A SERIOUS MAN di Joel Coen, Ethan Coen
Il film è complesso, sia sul piano della narrazione che su quello della struttura filmica. I colori, le sequenze, la musica, la storia si intrecciano in un nodo del tutto inestricabile.
Dalla complessità narrativa del film emerge il problema dell’insondabilità delle cose, evidenziato da un surrealismo improntato al senso illogico (assurdo) del risultato rispetto all’azione: perché tutto quello che Larry, il professore di fisica protagonista del film, fa gli si ritorce contro quando invece secondo la sua visione della vita (il buon cittadino americano ed ebreo) fondata sull’onestà e sulla serietà, dovrebbe andare in un altro senso?
Dalla virtuosità caricaturale delle immagini, che caratterizza l’isteria dei personaggi, emerge la ugliness, ovvero la bruttezza fisica e morale del mondo jewish, ebreo; che carico di secoli di retorica, ipocrisia e vizio è perciò incapace di concludere e di dare risposte al senso delle cose.
Ma c’è un altro modo di vivere, insinua il film. E forse si cela nella leggerezza del vivere. Forse proprio nella leggerezza è la soluzione.
Una mia amica americana dice spesso I like to be silly, life is more funny when you are silly! – Mi piace fare la stupida. La vita è più divertente quando sei stupida - when you are silly... suffering is suspended – quando fai la stupida il dolore è sospeso.
E’ forse il messaggio dei fratelli Coen non è lontano da questo.
E infatti, quando finalmente Larry comincerà a prendere la vita come viene, meno seriamente, meno onestamente anche, tutte le cose sembrano sistemarsi. Quasi si vanno finalmente aggiustando.
Ma l’Architetto del mondo, o l’architettura malevola dei registi, impende sul destino di Larry e la vita all’improvviso sterza verso la sofferenza finale, quella che non lascia più scampo: la malattia e il disastro naturale. Un cancro diagnosticato in ritardo e un tornado in arrivo.
La storia si srotola lentamente, anche troppo, e pur con il guizzo magico delle immagini, dei dialoghi, della musica e del genio dei registi, il film cade talora in quella pesantezza e grevità bollata dai Coen come mal de vivre.
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