martedì 30 luglio 2013

Romanzo a puntate - Quinta parte - Fuga indietro




Per il Natale 2012 Nicole sarebbe venuta a trovarmi.
Natale per me aveva sempre significato un periodo orribile. Al Natale associavo solo ricordi orribili. Nemmeno un bel ricordo per quanto mi sforzassi mi veniva in mente. Forse solo una vaga memoria di quando ero bambino, che si legava ad un albero di Natale e a delle palline colorate, sbiadite dagli anni e dal ricordo troppo lontano.
Il fatto che Nicole dagli Stati Uniti venisse in Italia mi rendeva il pensiero di quei giorni meno orribile.
Nicole era sulla quarantina. Era una donna attraente sebbene per me una donna di quarant’anni fosse già fuori dai miei schemi.
Via Facebook avevamo spesso chattato durante il mio periodo hogtie.
Mi aveva confessato che a lei l’idea di essere legata, bendata e sottomessa  la eccitava.
Era altezzosa e proprio per questo forse l’idea di doversi sottomettere la eccitava. L’idea di divenire uno strumento di piacere nel rapporto intimo la provocava. Divenire uno pezzo di carne nelle mani di un uomo era una sua fantasia sessuale.
Da parte mia avevo voglia di infierire su di lei, di trasformarla in un grumo di carne e muscoli.

-          I can’t believe tomorrow is Dec. 1st . The year flew – mi disse una volta via chat – Jacob moved out a year ago…

Le risposi citando Lorenzo de’ Medici.

Quant’è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
Di doman non c’è certezza

-          E’ bello - rispose
-          Are you regretting the times with Jacob? – le chiesi
-          No, not at all. Thinking how relatively peaceful the year has been – all things considered…but seriously, it has been a much more peaceful year in my home and in my heart. My regret is that Jacob and I can’t have more closure – financially and otherwise – for quite some time. But I can live with this
-          It’s the heart that counts
-          Yes. I am very clear about Jacob – what I miss is what I wanted to have but didn’t have. What I like is that we don’t hate each other. We fight so much less. I don’t have to deal with so much of his narcissism. I am free of those chains in my home. So each  day I am happier and stronger

Ma quando Nicole mi portava dentro questi problema della sua vita del suo ex in me diminuiva il desiderio sessuale e la voglia di possederla che prima mi aveva eccitato.
Pensandoci mi rendevo conto che avevo legato il desiderio sessuale all’ignoto. Meno sapevo di una persona, più mi appariva solo una maschera senza anima, un involucro, più mi era aliena nel corpo e nello spirito tanto più la desideravo.
L’idea di baciare un sesso completamente estraneo, di accarezzare un corpo sconosciuto mi poneva davanti all’assurdo. L’assurdità di non comprendere generava il desiderare: cupio quia absurdum. Nel rapportarmi all’assurdo prendevo coscienza della mia passione e la passione diveniva la consolatio dell’assurdo: credo quia consulans.

Così andava il mondo in quei giorni. Non succedeva nulla ed in realtà succedeva tutto. Il mondo cambiava ad una velocità pazzesca, cambiavano i governi, cadevano le dittature, scoppiavano le rivolte in nord Africa e la gente si indignava in Europa, si scendeva in piazza in mezzo mondo, nuove guerre scoppiavano in medio oriente e accrescevano le tensioni in Asia. La grande pace nata dalla paura della Prima e della Seconda Guerra Mondiale  si assottigliava. Tutto correva ad una velocità folle lungo il web. Era impossibile starci dietro, tutto era troppo veloce. Quantità impressionanti di informazioni urtavano ogni giorno la capacità limite del tuo cervello.
Eppure nonostante ciò, avevi l’impressione che non succedesse nulla. Che la realtà fosse immobile, immutabile tanto era spesso ed alto il muro di quel Nuovo Ordine che andava concretizzando nelle mani di pochi, che ti regolava la vita, determinava i pensieri, creava il mondo in cui abitavi con una forza che muoveva dal centro verso l’esterno. Il centro era la matrix di quel Nuovo Ordine che nella sua spinta, fuori di sé creava il consensus che lo legittimava e gli dava il diritto di esistere.
All’esterno c’erano solo corpi. Miliardi di corpi che erano l’oggetto di quell’egoismo centrifugo.

In quei giorni conobbi Kazumi.
Uscimmo un paio di volte insieme e pareva che tutto andasse bene.
Ci eravamo incontrati spesso al caffè Floriàn. Mi piaceva Kazumi. Sorrideva sempre. Era sempre elegante e si vestiva con colori vivaci. Adorava il rosa e a lei che aveva un carnato scuro ben si adattava.
Diceva che il segreto della sua felicità erano cantare (era una soprano) mangiare bene e dormire.
Io volevo imparare il segreto della sua felicità e lei ne pareva entusiasta.
Ma poi cominciò a dirmi che un giorno doveva andare alla terme, che un altro giorno doveva andare sulle montagne sopra Pistoia con un gruppo di hicking di notte per incontrare i lupi. Un’ altra volta mi disse che doveva andare in Chianti per una degustazione di vino di due giorni.
Finché poi mi disse:

-          Devo dirti una cosa…io ho un amico, un amico speciale…
-          Un amico speciale? Intendi un ragazzo?
-          Non vorrei chiamarlo “il mio ragazzo” preferisco chiamarlo “un amico speciale”. Son stata qua per un anno…niente….poi all’improvviso lui…tu…

Non fu piacevole quella confessione. In Kazumi ci speravo. Speravo che con la sua presenza sarei riuscito a calmare quel demone dentro di me che chiedeva solo donne giovani accanto a me per saziare il suo narcisismo.

-          Di dov’è? – le chiesi
-          Di Firenze
-          E che fa?
-          Studia architettura
-          Italiano?
-          No albanese…ecco questo mi ha fatto un po’ arrabbiare
-          Perché è albanese?
-          Perché non me l’ha detto subito. Prima mi ha fatto capire che fosse italiano poi mi ha detto che era albanese. Per me non è importante che sia italiano o albanese…ma me l’ha detto un mese dopo. E questo mi ha fatto arrabbiare

Volevo dirle di non fidarsi della gente dell’Est. Ma non lo dissi.

-          Lo vedi spesso – le dissi invece
-          Mah…deve sempre studiare…in un mese l’avrò visto sì e no sei volte…
-          Ora capisco perché guardi sempre il cellulare
-          Ah sì?  - e sorrise
-          Comunque capisco che tu sia molto interessata a lui ma lui non lo è di te
-          Non mi dire così! – sì arrabbiò
-          Beh…ci arriverai da sola

Sorrise di nuovo. Ma amaramente stavolta.
Dopo quella conversazione  ci salutammo. Era l’ultimo giorno che era a Firenze. Il giorno dopo sarebbe andata a Parma. Avrebbe sostenuto l’esame di ammissione al conservatorio.

-          Ti auguro di superare l’esame e ti auguro il meglio dalla vita – le dissi
-          Grazie
-          Ciao!
-          Ciao!

In quel momento non sapevo che l’avrei rivista, perché avrebbe fallito l’esame e sarebbe ritornata a studiare canto a Firenze. Avrebbe cominciato a fare audizioni e sarebbe diventata alla fine una cantante professionista in Giappone.

Nelle stranezze e nei corsi e ricorsi ci fu di nuovo un incontro con Kami di passaggio da Firenze perché le avevano rubato il passaporto e non sapeva chi contattare.
L’aspettai al caffè Floriàn come sempre. Ero seduto nella seconda saletta al primo tavolino, subito dopo i tre scalini per cui si scende nella saletta.
Arrivò bella come sempre, vestita di nero, che ne esaltava la magrezza, e con un cappotto bianco che le donava moltissimo ai suoi capelli nero corvino e alla sua faccia leggermente olivastra.
Bella  ma gelida come l’inverno che aveva lasciato fuori dalla porta entrando dentro al Floriàn.
Ascoltai i suoi pianti e la sua disperazione. Poi le dissi:

-          Hai bisogno di soldi?
-         
-          Posso aiutarti?
-          Non avevo il coraggio di chiedertelo
-          Non faccio nulla per nulla con te…

Principessa Kami mi guardò. Non c’era sorpresa nel suo sguardo. Forse odio. Tuttavia non era lo sguardo di chi avrebbe voluto ribellarsi.
Tacque abbassò il capo in un gesto di timidezza che non le avevo mai visto fare.

Da quel giorno la persi definitivamente di vista.
Una volta però ricevetti un messaggio via Facebook. Era un bel giorno di giugno e fuori dall’ufficio intravedevo un cielo azzurro senza neanche un cirro. Per uno strano fenomeno un branco di farfalle bianche svolazzava davanti alla finestra. Pensai che provenissero dal vicino giardino dell’ex facoltà del Magistero. L’aria profumava come le parti intime di una ragazza ancora nel fiore della gioventù. Aspirai profondamente a pieni polmoni e sentii i visceri godere di quel profumo così intenso e fresco.
Mi ricordai delle carni di Kami, che si  erano aperte solo perché l’avevo “aiutata” in un momento di disperazione. Eppure anche lei l’aveva trovato eccitante. Nella degradazione mi era sembrato che si eccitasse.
Alla fine però era scoppiata a piangere. E nemmeno avevo cercato di consolarla.
Fu a quell’amaro ricordo che decisi di leggere il suo messaggio.

Ricevere i soldi da un uomo è peggio che mangiare fango. Per quello adesso non sono più una Principessa, come tu mi chiamavi. Dopo di te altri uomini mi “ hanno prestato” prestato soldi. Ed il fango nel mio stomaco è aumentato. Finché non ho avuto un rigurgito e ho smesso di essere la Principessa che ero e sognavo di essere.
Adesso faccio la cameriera in un ristorante e la sera mi fanno male le gambe per l’andare su e giù e le braccia per il portare i piatti. Ma il mio stomaco adesso è finalmente vuoto.
Non c’è più il fango che lo gravava quando gli uomini pagavano una Principessa solo per vederla sottomessa ai loro piaceri. Non sono più una Principessa ora. Ora sono una donna. Sento finalmente l’odore del mio corpo di donna. E amo i corpi di donna ora e rigetto quelli di uomo.
Non sono più circondata da cani che scodinzolano perché vogliono avermi.

Era un’ email nello stile di Kami. Arrabbiata, amareggiata, ma sempre gelida, fredda e spietata. Crudele. Con se stessa e con gli altri. E questo era il fascino di Kami. Non ve n’era un altro. Le sue carni mai avrebbero dato piacere se non ne fosse emanata la fredda crudeltà che si portava con sé.

-          Come sarebbe stato bello se fossi nata uccello – mi aveva detto una volta
-          Perché? - le avevo chiesto
-          Avrei potuto osservare tutto dall’alto senza insozzarmi in questo mondo


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