RIFLESSIONE PRIMA
L'individuo che soffre antepone spesso il di-vertimento della stupidità alla sofferenza. Perché? La stupidità sospende il dolore. Stupido viene dal latino stupere, sbalordire, venir meno a qualcosa. In inglese silly viene dal middle english e significa "felice", in tedesco dumm, viene dall'antico alto tedesco e significa sordo, privo di parole, muto, ottuso.
Tutti atteggiamenti di ritrazione da, sospensione di, diversione da, contrario di...
Accettare la stupidità o la leggerezza come reazione e alterazione del dolore è dunque un atteggiamento più che naturale per chi soffre.
Meno naturale è lo stoicismo o la sopportazione perché sono atteggiamenti di rimando e non sono ispirati direttamente dall'interno dell'individuo ma sostenuti esternamente da ideali o valori altri, che non servono all'occultazione immediata dell'oscurità del dolore bensì solo a interiorizzare il male, a prenderne coscienza, ad analizzarlo per concettualizzarlo.
Stupidità o concettualizzazione sono due modi di ottundere, mascherare il soffrire.
Rappresentano, in altre parole, il travestimento dell'essere che teme la sua nudità: l'impotenza davanti al dolore.
L'impotenza è il sentirsi non più al centro del mondo ma distanti dal suo centro. Esclusi, discriminati, abbandonati a se stessi e perciò impotenti rispetto al mondo stesso.
I cristiani forse direbbero che il dolore eleva lo spirito. Noi diciamo che lo spirito è annihilito se non trova una reazione, un mascheramento della verità per evitare l'impotenza e l'esclusione. E la stupidità è l'atteggiamento salvifico più immediato, quasi contemporaneo rispetto al fenomeno del provare dolore.
La concettualizzazione invece avviene sempre ex post.
Se mentre soffro vedo un film stupido che mi fa ridere posso riuscire a dimenticare ed essere di-vertito dal dolore nel momento medesimo che il dolore agisce su di me.
Capire il dolore, accettare il dolore stoicamente o cristianamente in vista di una salvezza più remunerativa avviene sempre ex post .
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