sabato 11 febbraio 2012

Da FABRIZIO ULIVIERI "Albert Richter Un’aquila tra le svastiche" Bradipolibri editore - Introduzione


Albert Richter

Un’aquila tra le svastiche

Il ciclismo tedesco fra nazismo ed esoterismo

(1919 – 1939)

Abbiamo scelto la storia di Albert Richter per iniziare a guardar dentro un particolare periodo della storia del ciclismo: un periodo oscuro, in cui il Male raggiunge il suo apogeo, rivoluziona l’ Europa e la travolge.

E’ un periodo in cui le voci di lontani profeti (ariosofi, veggenti, medium, società segrete…) convergono verso un punto e acquistano peso. Da entità incorporee qual erano state fino ad allora divengono leggi (Die Nürnberger Gesetze[1] ) realtà drammatiche (olocausto), mutazioni (Lebensborn) [2].

L’ideologia razzista del nazismo è una dottrina che parte da lontano, da personaggi come Madame Helena Petrovna Blavatsky , Guido von List e Lanz von Liebenfels. Lo stesso vale per uno dei cardini del pensiero nazista: il socialdarwinismo, le cui ultime propaggini sono da rintracciare nella Massoneria, negli “Illuminati”, nei marcioniti e, su su, addirittura fino allo gnosticismo [3].

Albert Richter in tutto questo processo è solo una nanoparticella di uno sciame di particelle che impazzite ma predatrici puntano verso un solo scopo: l’ eugenismo e la supremazia razziale ariana.

Richter è una nanoparticella che si stacca dallo sciame rifiutandosi di seguire l’istinto predatorio del branco. E quella particella sarà soppressa. Sarà soppressa come tutti coloro che ab-errano dal branco.

La storia di Richter ci permette d’altronde di vedere più da vicino quegli anni. Anni in cui il ciclismo che, se da altre parti condividiamo l’idea di chiamarlo “eroico”, nella Germania di allora dovrà essere, a nostro avviso, connotato con il termine “titanico”. In effetti una lotta fra giganti lo è, presunti o reali, ma atleti comunque “oppressi” da una visione mitologica a cui devono conformarsi: l’ Übermensch ariano

Per capire meglio la portata di questa espressione prendiamo l’ esempio un pugile di quegli anni, che aiuterà a renderci conto di come certi mutamenti di ideologia politica e sociale possono influire in modo fattivo (coercitivo) sui mutamenti di stile e tecnica sportivi.

Johann Wilhelm Trollmann, detto anche Rukelic, alias Gipsy era noto per il suo stile “ballerino” (un Cassius Clay antelitteram), che all’ inizio degli anni ’30 gli aveva fruttato molti successi. Sotto il nazismo quello stile non era più conforme. Così fu obbligato adottare uno stile Standhaftig , più “fermo” e duro, più pronto allo Schlagabtausch (“scambio di colpi”) stando fermo al centro del ring, tipico del Kämpfer ariano, che simboleggiava il Titano che lotta per l’affermazione del suo Vaterland, della sua terra e della sua razza senza arretrare invitto di un metro.

Per adeguarsi al nuovo clima cercò di conformarsi alla nuova immagine del “gigantismo” ariano trattando i suoi capelli con l’acqua ossigenata ed essendo scuro di pelle, perché di origine Sinti, si presentava sul ring coperto di farina per sbiancare il colore del suo carnato.[4]

Il “gigantismo” trionferà in modo evidente e pubblico nello spettacolo delle Olimpiadi del ’36 (sotto l’ acume organizzativo di Carl Diem, l’uomo che coniò il concetto stesso di sport, in Germania, prima e durante il nazismo) e nel Deutschlandrundfahrt del 1939. Poi sarà la caduta, la Gotterdämmerung, che si trascinerà dietro i suoi giganti inghiottiti di nuovo dalla disgrazia, dalla rovina o dal più completo anonimato (che gli permetterà in buona parte di riciclarsi).



[1] Il 15 settembre 1935 furono approvate dal Reichstag, le cosiddette “Leggi di Norimberga” che stabilivano che soltanto chi avesse sangue tedesco poteva essere considerato Reichsbürger (cittadino del Reich) e, perciò, beneficiare in modo pieno dei civili e politici; tutti gli altri erano classificati come Staatsangehöriger (membri dello Stato), cioè sudditi. Inoltre si proibivano i matrimoni misti tra ebrei e non ebrei; chi vi contravveniva poteva incorrere nel carcere o in multe in denaro. Erano pure vietati i rapporti extraconiugali, anch’essi sanzionabili.

[2] V. sotto p.20.

[3] V. MICHAEL HESEMANN, Hitlers Religion, Pattloch, München p. 94 e segg.

[4] LORENZ PEIFFER, Sport im Nationalsozialismus, Werkstatt, Göttingen 2004, pp. 15-16. Per tutta la surrealistica e tragica vicenda di questo sportivo si veda KNUD KOHR/ MARTIN KRAUß, Kampftage. Die Geschichte des deutschen Berufsboxens , Werkstatt, Göttingen 2000

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