sabato 28 maggio 2011
CORPO CELESTE di Alice Rohrwacher
Corpo Celeste
REGIA:Alice Rohrwacher
ATTORI: Yle Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri.
GENERE: Drammatico
DURATA: 98 min
Il film inizia come il suo messaggio centrale: nel buio. Una processione al buio fra sassi e discariche.
Si fa giorno e il giorno ci rivela una povertà squallida: quella della periferia di Reggio Calabria. Povero quanto semplice è il linguaggio degli sparuti fedeli lì raccoltisi nottetempo, come quello del film che parla un linguaggio essenziale e scarno: quello delle immagini che rivelano miseria e solitudine. Si ode solo dialetto e chiacchiere corali dei fedeli, riuniti in quel luogo-non-luogo per un evento religioso in nome di Maria.
Parla Don Mario, il parroco (altro personaggio essenziale e scarno nel linguaggio e nel modo di vivere): questo è un anno speciale perché il vescovo Giorgio prenderà parte alla cerimonia.
Si aspetta perciò in un silenzio imbarazzato dallo squallore del luogo l’arrivo del vescovo e quando finalmente arriva le fanfare si accendono.
Periferie scalcinate, franose e petrose. Fangose. Gelide come l’inverno che tiene fra i suoi artigli Reggio Calabria. Ci ripetono le immagini.
L’unico momento di calore sono le lezioni di catechismo, che insegna la religione della peggiore specie, quella figurata da immagini edificanti e melliflue, di santi e madonne, con un bel “cazzo!” buttato lì dall’ insegnante mentre si accalora cercando di spiegare ciò che non dovrebbe più essere spiegato (in quella maniera).
La camera gira all’interno della famiglia di Marta (Yle Vianello), che compra unicamente i pesci dell’Atlantico perché nel Mediterraneo ci affogano troppi marocchini.
Poi di nuovo si torna alle periferie, alla speculazione edilizia, ai quartieri dormitorio, alla miseria e alla solitudine (temi insistiti per tutto il film). Ma c’è la Madonna che ci tiene a galla e non ci fa affogare in questa brutturia, e il catechismo che unisce i ragazzi nella parrocchia, prima che anch’essi, fatta la cresima, fuggano dalle stolterie di una religione bugiarda (questa Calabria dimenticata sicuramente dallo stato lo è probabilmente anche dalla Madonna - sembra dire la Rohrwacher).
In tutta questa cornice di depressione e squallore si svolge la storia del film (che poi non è una storia). La storia di Marta (certamente una ragazzina radicale che non ama le falsità) che si prepara alla cresima durante un inverno rigido.
Un film peso, che procede a scatti, con scene sfilacciate, di una vita troppo quotidiana e misera e ci parla di una Chiesa che ancora persevera ad appoggiare certi politici con metodi democristiani che magari pensavamo estinti.
Buona la regia della Rohrwacher. Grande la piccola Yle Vianello! (che assomiglia sfacciatamente alla Rohrwacher).
Beh, è un film che mi ha fatto soffrire molto. Irritato. E più volte sono stato sul punto di andarmene senza aspettare la fine. Ma il finale ha ripagato la mia imposizione di rimanere incollato alla sedia, perché è un finale molto sentito e dichiara pubblicamente che la Chiesa ci ha ingannato; e che per secoli ha falsificato le parole di un Gesù, che certo non era quello dei Vangeli (né tantomeno quello del catechismo!), con litanie e edificazioni che null’altro erano che pure menzogne. E forse questo è il senso della scena finale, che in verità non ho capito.
Voto: due stelle e mezzo.
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