Il Sole 24Ore: polemica sullo stile (nella letteratura
contemporanea)
Che in Italia si viva ai margini di qualsiasi tendenza
culturale non è una rivelazione che sconvolgerà qualcuno: Che il supplemento
“Domenica” del Sole 24Ore ne sia un fededegno rappresentante della
provincialità culturale forse potrà urtare qualcuno. Forse.
C’è in corso sul supplemento domenicale del Sole 24Ore un
dibattito sullo stile nella letteratura contemporanea. O meglio, il
dibattito verterebbe sull’assenza di stile in letteratura. Dibattito abbastanza
ozioso dal mio punto di vista.
Dal mio punto di vista credo invece che dovremmo interrogarci
sull’incapacità italiana di saper narrare storie senza curarsi troppo dello
stile, che mi sembra il male maggiore del cinema e della letteratura
contemporanei. Soprattutto del cinema.
L’Italia (l’Europa) è impregnata di stile. Lo stile previene
la narrazione e non viceversa. Il cinema italiano in particolare è
strutturalmente impossibilitato a raccontare storie in vista dell’ossessiva
preoccupazione dello stile. Cosa che non accade in quello americano dove invece
il concern è caso mai l’in-vista-del-main-stream.
Quali sono gli autori italiani più venduti, a torto o a
ragione? Moccia (sic!) e Fabio Volo (sempre meglio di Moccia!), Donato Carrisi.
Questi autori certamente non si preoccupano dello stile.
A livello di concept
nel marketing non si costruisce un prodotto senza un tessuto narrativo dietro
(come esempio di questa narratività voglio dare Moleskine, un esempio perfetto
di una perfetta narrratività dietro il prodotto: http://www.moleskine.com/moleskine_world/_the_legendary_notebook_moleskine.php).
Non credo che, come sostiene qualcuno sul Sole 24Ore di oggi
(domenica 11 settembre 2011), ci sia una subalternità dello scrittore ad una
letteratura peggiore, bensì un adeguamento del prodotto al mercato attuale che
chiede storie e non stile.
Neppure credo che, come sempre sostiene qualcun altro nel
supplemento domenicale, ci sia un abbassamento di stile perché mancano i maestri.
Viviamo in un’epoca globale; la cultura non è più un sistema definito ad una
determinata area sociale, statale e geografica; la lettura è globale seppure
prodotta in ambito e con caratteristiche glocal
i maestri in questa visione global
non mancano affatto.
Ritornando al problema dello stile, lo stile annoia, perché spaesa e non di-verte (non ci sottrae
dal senso pesante del nostro vivere quotidiano ormai in sintonia con
l’andamento dei mercati legati come siamo ad un valore unico: il denaro). Una
storia anche mediocremente narrata ha comunque la possibilità di di-vertire in
treno ed alla toilette (perché ormai i tempi di lettura sono questi…).
Si citano sempre come esempi di stile Proust e Joyce ma
quanti oggi effettivamente li leggono, se non quei pochi che vi sono obbligati
(professori, critici e studenti che preparano l’esame di letteratura…)? E poi diciamoci
la verità: sono di una noia mortale! (soprattutto per le persone comuni).
La narrazione ha la capacità di visualizzare, lo stile no. E
oggi viviamo nell’epoca della visualizzazione: nell’apertura di una pagina web
ci dev’essere la visualizzazione immediata o si abbandona subito la pagina. La
scrittura si adegua all’abito di lettura. Lettura rapida, stile rapido. Lettura
ridotta all’osso, stile nervoso e ridotto all’osso senza fronzoli inutili.
Lettura veloce, stile veloce. Questi sono, per lo più, i features che contraddistinguono la lettura quanto lo scrivere.
Provate a scrivere diversamente e vedrete quante chance avrete di essere uno
scrittore professionista (i.e. pubblicato) .
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